Poesia

“Lasciati cadere, impara a osservare i serpenti. Pianta giardini impossibili.
Invita qualcuno di pericoloso a bere un tè.
Fai piccoli segnali che dicono ‘sì’ e diffondili ovunque.
Diventa amico della libertà e dell’incertezza. Rallegrati di sognare.
Coltiva stati d’animo diversi.
Rifiutati di sentirti ‘responsabile’, fallo per amore.
Fai un sacco di pisolini.
Regala soldi. Fallo ora. I soldi ritorneranno.
Credi nella magia. Ridi molto.
Fai bagni al chiaro di luna. Fai sogni selvaggi, sogni fantasiosi.
Dipingi sui muri.
Leggi ogni giorno. Immagina di essere incantato.
Ridi insieme ai bambini. Ascolta i vecchi.
Apriti. Immergiti. Sii libero. Loda te stesso. Lascia andare la paura. Gioca con tutto.
Preserva il bambino che è in te. Sii innocente.
Abbraccia gli alberi.
Scrivi lettere d’amore”

Joseph Beuyus

Luna. Poesia.
Alberi dal basso. Poesia.

La

La poesia e la psicoterapia?
S

e la follia è la sorella sfortunata della poesia (F. Brentano) allora i poeti e i folli affondano radici in una stessa sorgente. Da lì il poeta emerge ‘sopravvissuto’ grazie ad un modo, sudato, incontrato... di dare forma, “trovare parole per dire” mentre il folle spesso cade alienato senza il contenimento di una comunicabilità di sé capace di ancorarlo agli altri, alla realtà.

Dunque la competenza di snocciolare il dolore, tradurre in parole un nodo alla gola o dare metafora ad un peso sul petto, costituiscono nel tempo come delle scialuppe di salvataggio per approdare via via a delle isole di senso anziché soccombere a mareggiate o tempeste emotive.

“Ma a noi restano le gialle pareti delle case illuminate dal sole,
I nostri libri e tutta la cultura umana costruita da noi sulla strada verso l’amore.
E il precetto di essere leggeri.
E se fa molto male?
Traduci tutto su scala cosmica,
prendi il cuore fra i denti;
Scrivi un libro”

V. Sklovskij

L

a personalità si costituisce di una struttura di abitudini di parola, la verbalizzazione nevrotica può abitare un linguaggio insensibile, prolisso, privo di affetto, monotono, stereotipato nel contenuto, inflessibile, meccanico, senza significato.

È facile per una persona ingannarsi, credendo di sentire o addirittura di fare qualcosa, mentre invece semplicemente ‘pensa’ di sentire o di fare tale cosa. Così facilmente la verbalizzazione serve a sostituto della vita; costituisce un mezzo pronto attraverso il quale si può vivere una personalità introiettata e aliena connessa a convinzioni e atteggiamenti invece che al proprio sé.

L’opposto della verbalizzazione del nevrotico è il linguaggio creativo e vario, non è la semantica scientifica né il silenzio; è la poesia. (P. Gouldman)

Il contenuto della poesia non comunica una verità preesistente dell’esperienza ma piuttosto trova nell’esperienza o nella memoria o nella fantasia un simbolo, una eccitante risonanza che non ha bisogno di sapere né di far sapere il suo contenuto latente.

Invece di essere degli stereotipi verbali le parole vengono distrutte plasticamente e riunite a formare una figura più vitale.

Nell’ascoltare un paziente che condivide i tornanti di un pensiero ossessivo o di un dialogo interno asfissiante osservo l’affannosa ricerca di una soluzione logica, una forma di concentrazione snervante nella quale l’energia è investita a trarre soluzioni o a risolvere problemi. Ciò che accade è che lo stesso funzionamento di ricerca diviene la patologia stessa. L’energia è bloccata, la persona è imbrigliata in un circolo vizioso ammalante di domande che vanno da sterili richieste di ‘perché’ o quesiti sulla ricerca di ciò che sia ‘giusto o sbagliato’ che escludono la relatività dell’essere, recidono il contatto profondo e, spesso, convogliano verso ansie e somatizzazioni.

L’atto del parlare della poesia ha invece un fine totalmente diverso, il suo compimento non avviene ‘al di fuori’, ovvero dentro le “soluzioni” che la parola dovrebbe procacciare. L’atto del parlare della poesia tenta di dissipare l’energia nell’atto stesso, potremmo osare affermare, la poesia cerca di “guarire” nel momento stesso in cui “si dice”.

Mi piace chiedermi quale sia l’uso della parola nella psicoterapia e quanto la comparsa dell’elemento poetico possa essere terapeutica all’interno dell’incontro.

Se poesia (dal greco) traduce il tessere rapporti e connessioni allora si potrebbe misurare l’andamento della terapia nella clinica osservando la crescita nel tempo del grado di poesia che paziente e terapeuta riescono ad utilizzare.

Casolare nella nebbia. Bosco, mistero. Poesia.

“Che cos’è la poesia? Per rispondere a questa domanda bisognerebbe prima rispondere a quest’altra: che cosa sono io? O meglio: chi sono io? La risposta dice di te, da dove vieni, dove vorresti andare? Dice la vita che hai costruito attraverso il tempo. Attraversando il tempo”

(G. Favetto)

Grazie a Luca, artista di strada della poesia.

Vasco Brondi, concerto Hiroshima Torino, maggio 2023

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