A tu per tu con la paura

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Citazioni libere e scelte fra libri spontaneamente incontrati

Un viaggio di ritorno verso il giardino…
Il profondo cambiamento interiore comincia a verificarsi appena impariamo a metterci in relazione con le nostre difese, senza giudicarle o senza desiderare che spariscano o che cambino.

– un libro di Krishnananda, Amana-

“le mie amanti erano la proiezione della mia vulnerabilità e io per questo le accusavo, in un modo o nell’altro, di essere troppo bisognose o troppo piene di paure. Non ero in contatto con me stesso. Sviluppai uno stile di vita costruito sulla compensazione di tutte le mie paure (fascino, intelligenza, ambizione, velocità…). Naturalmente, quando finalmente mi concedevo di avvicinarmi ad una donna, prima o poi la criticavo perché era troppo bisognosa o insicura. Gonfiavo la mia fantasia di autosufficienza con altre dipendenze compulsive come il lavoro, l’alcol, le droghe, il sesso e così via. Ciò che avevo era una vita derubata dell’intimità e della profondità. Mi ci vollero anni di ricerca spirituale prima di rendermi conto di quanto profondamente intrappolato fossi, in preda ad un inconscio stato di anestesia emozionale che mi aveva portato a sfuggire alla paura per proteggere quel bambino interiore terrorizzato dal fallimento e dal rifiuto. Anche io, come molti dei miei cari, dovetti arrivare a separarmi da una persona amata per cominciare a capire l’immensità delle mie paure interiori. Siamo spinti a guardarci dentro solo quando la vita ci assesta un brutto colpo, allora tutti i nostri meccanismi per evitare la paura vanno in frantumi e dobbiamo rimettere insieme i cocci di un’autostima basata su cose esteriori che è andata in frantumi.

Quando la paura non è riconosciuta e non è affrontata invalida le nostre capacità di entrare in intimità perché non ci concentriamo più su noi stessi ma sull’altro, su ciò che gli altri fanno o su come non ci stanno dando ciò che desideriamo. Non lavorare sulla paura invalida la creatività e devasta l’autostima.

La ferita da abbandono:
nella vita e nell’amore noi creiamo esperienze che riaprono in continuazione questa ferita, perché dobbiamo attraversare il dolore, profondamente e completamente. Esso sembra essere la porta della nostra profondità e di una profonda accettazione del nostro essere soli. Allo stesso tempo la prospettiva di attraversare il dolore è terrificante.

Sono convinto che ad un livello più alto della nostra coscienza, in realtà creiamo dele crisi di abbandono per consentirci di andare più in profondità. Come cercatori di verità, l’esperienza dell’abbandono ci dà una prospettiva completamente nuova. Per il nostro bambino si tratta di abbandono, ma per il nostro ricercatore è l’entrata in un vuoto che tutti, prima o poi, dobbiamo affrontare. Affrontarlo può aprire uno spazio profondo di fiducucia e dare inizio alla resa.

L’intimità implica continui incontri con la privazione, possiamo scegliere di chiudere la relazione oppure possiamo guardarci dentro e sentire la ferita da privazione/abbandono che è stata appena aperta. Tentare di cambiare l’altro invece fa in modo che questi si allontani ed è un modo di non sentire il proprio dolore e la propria frustrazione.

Il processo dell’imparare ad affrontare la realtà sviluppa un’immensa forza interiore.

…la paura…

è la paura, non il dolore, ad essere così dura da affrontare. Per affrontare la paura ho bisogno di un sostegno e una guida, ma una volta che sono sopravvissuto alla paura ho creato in me uno spazio adeguato per sentire il dolore della perdita e la vergogna che ne consegue.

Una volta che ci arrendiamo alla ferita dell’abbandono e siamo disposti a sentire. Siamo ricompensati con profonde sensazioni di espansione, rilassamento, abbandono e persino di beatitudine. Non accade immediatamente e neppure secondo le nostre aspettative, ma accade.

…il vuoto…

Sotto le esperienze psicologiche dell’abbandono e della privazione -la rievocazione del nostro dolore infantile- si trova l’esperienza del vuoto.
E’ uno spazio di vuoto interiore in cui proviamo una profonda perdita di significato della nostra vita. Sembra che questa esperienza stia lì ad aspettarci nonappena andiamo in profondità dentro a noi stessi perché ci aggrappiamo a troppe cose irrilevanti e illusorie per dare un senso alla nostra vita. Dobbiamo attraversare questo spazio se vogliamo essere liberi.
Nell'”oscura notte dell’anima” la continua connessione con il proprio maestro ed i suoi insegnamenti sono il supporto più importante.

…dalla solitudine all’essere soli…

Non c’è modo di evitare il dolore. Abbiamo tutti dentro di noi il profondo desiderio di essere riempiti, di essere completi. Il dolore dell’abbandono e della privazione risveglia semplicemente questo desiderio che noi, normalmente proiettiamo su un amante. Ma nessun amante può contenere o soddisfare questo desiderio. Esso è la parte più profonda del nostro essere perché noi desideriamo ritornare alla fonte. Rappresenta il cuore della nostra ricerca spirituale e viene erroneamente indirizzato verso un’altra pesona. L’abbandono provoca questo desiderio . Spesso lo sentiamo come una spaventosa solitudine, ma questa solitudine è un periodo di transizione nel quale siamo investiti da onde di intensa pesantezza e oscurità. In seguito arriviamo a godere del nostro essere soli riscoprendo una beatitudine interiore e fiducia nella vita, amore universale, collocazione e scopo.

Abbiamo un cesto in cui conserviamo tutti i bisogni insoddisfatti dell’infanzia. Generalmente abbiamo riposto questo cesto in cantina e lo abbiamo dimenticato. In effetti, potremmo anche aver dimenticato cosa sia un bisogno, ma l’essere innamorati riporta alla memoria il cesto e tutti i desideri di essere amati che avevamo riposto lì dentro. Così, inconsciamente facciamo un salto in cantina, e cominciamo a cercare il cesto e diciamo a noi stessi ‘ehy, questa persona dice di amarmi, mettiamola alla prova, cominciamo con il desiderio n. 8”. Quindi il nostro partener affonda una mano nel suo cesto ed estrae, a sua volta, un desiderio… lentamente le nostre sensazioni di delusione e di tradimento crescono, con il tempo carichiamo nel nostro partner di tutti quei bisogni che mamma e papà non hanno mai soddisfatto. Questi due bambini feriti e bisognosi si fronteggiano incapaci di comprendere e soddisfare i bisogni dell’altro.
Si avvicinano l’un l’altro partendo non dalla vulnerabilità ma dalle pretese.
L’aspettetiva è come la secrezione di una puzzola. Paradossalmente, invece di soddisfare i bisogni del nostro bambino interiore, le nostre pretese allontanano da noi l’amore di cui abbiamo bisogno.

Le fantasie romantiche ci proteggono dalle sensazioni di paura perché ci impediscono di sperimentare la vita così com’è. Ho imparato nel modo più duro che il romanticismo non ha alcuna relazione con la realtà. Fintanto che mi aggrappavo alle mie fantasie non dovevo confrontarmi con la mancanza di fiducia, con la paura e il dolore di essere amato. Potevo rifugiarmi nell’idea che un giorno qualcuno, in qualche modo… Con le idee romantiche proiettiamo sulla vita un’idea di come vorremmo che fosse. Viviamo nella speranza.

…la coscienza dell’accusa…

Mi sono reso conto che il mio accusare nascondeva un luogo dentro di me nel quale albergava una profonda rabbia senza neanche conoscerne la causa. Senza saperlo ho proiettato quella rabbia e quel dolore sulle persone che amavo. Ci vuole costante consapevolezza per riportare l’attenzione sul nostro mondo interiore e accorgerci che l’altra persona è solo uno specchio da cui imparare di più su noi stessi.
E’ soltanto la non consapevolezza che genera insensibilità. Ed è proprio il dolore di vedere come feriamo gli altri che ci guarisce.
Naturalmente smetterla di incolpare gli altri non significa che non dobbiamo porre dei limiti quando ne sentiamo il bisogno. Questa distinzione è fra le più difficili. Accusare non è la stessa cosa che porre dei limiti . Quando pongo un limite l’energia rimane con me, non la getto addosso all’altra persona. Porre dei limiti accresce il rispetto per se stessi e la dignità, accusare qualcuno no.

…assuefazioni…

Quando evitiamo di guardarci dentro le abitudini che prendono piede possono essere socializzare, mangiare dolci, giudicare gli altri e analizzare. Mediante queste riempiamo il nostro tempo e la nostra testa così da riuscire a sottrarci al sentire. Siamo inconsapevolmente attratti dall’assuefazione per evitare di entrare nello stato di vulnerabilità. Esplorando le nostre assuefazioni con delicatezza e compassione, possiamo attutire il colpo. Portando consapevolezza e comprensione su di esse possiamo diminuire il potere e l’attrazione che esercitano su di noi perché, interiormente, il desiderio di conoscenza di noi stessi è molto più potente delle nostre paure. Ho scoperto che la disciplina stessa era una delle mie più grandi assuefazioni. Solo quando ho cominciato a ricevere più nutrimento dal mio rimanere presente, mi sono scoperto meno attratto dalle cose che mi danno soltanto una gratificazione immediata. La perseveranza, la capacità di rimandare la gratificazione e l’abilità di tollerare le frustrazioni vengono dall’essere amati ed educati alla fiducia in noi stessi e nelle nostre energie creative.

…volontà di guarire e rimanere presenti…

Quando cominciamo a diventare consapevoli delle ferite che ci portiamo addosso, tutte le sensazioni e la vitalità che abbiamo represso iniziano a venire in superficie. Gli eventi che sembrano più banali provocheranno sensazioni e reazioni. Dobbiamo essere esattamente dove siamo e farci assorbire dalla crescita e dalla ricerca della verità. La profonda accettazione e comprensione, pazienza gentilezza e presenza permettono alla nostra sensibilità di emergere con tutta la vitalità che abbiamo sempre avuto dentro di noi.
Rischiare di essere vulnerabili, rischiare di essere onesti, rischiare di essere vivi.

…presenza…

La presenza è consapevolezza senza giudizio. Imparare a rimanere presenti guarisce la ferita. Osservare e accettare sono gli strumenti della ricerca; se siamo concentrati sul cambiamento non viviamo nel momento e non possiamo scoprire noi stessi. Un reale cambiamento avviene lentamente, avviene da solo una volta che abbiamo trovato la capacità di osservare e accettare. La centratura è sentire senza reagire, contenere le sensazioni, stare con ciò che si sente permettendogli di divenire più profondo.
La sfida dell’amore è restare aperti in ogni caso.

Quando sarò capace di amare, Gaber

1 Comment

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    Davvero un bellissimo articolo ma più di tutto il titolo. Sembra una sfida con la vita! Che dire wow. Complimenti per tutto.

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