Amori in quarantena

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Nei post che seguiranno accosterò frasi scelte dalle Lettere che Etty Hillesum scrisse nel campo di concentramento di Westerbork a risonanze  incontrate in tempo di pandemia. Affondo la mia traccia nella speranza di fare anima, toccare solitudini, valicare distanze. Desidero custodire l’esperienza umana solcata a piccoli passi lungo il filo spinato di questo tempo.

 

“Io cammino nel fango tra le baracche di legno, e allo stesso tempo cammino per i corridoi di quella che da sei anni è la mia casa; ora sono seduta a un tavolino disordinato in un piccolo ambiente rumoroso, ma sono anche seduta alla mia amata, caotica scrivania. Molte persone mi dicono ‘non vogliamo ricordare niente della vita di prima, altrimenti non saremmo in grado di vivere qui. Mentre io posso vivere così bene qui proprio perché ricordo perfettamente ogni cosa di ‘prima’ (per me non è neppure un ‘prima’) e continuo la mia vita.

“Etty Hillesum “Lettere 1941-1943” Edizione Integrale Adelphi 2013 pag. 79

 

Il rapporto con ciò da cui sono tenuto distante, l’idea di mancanza delle cose che amo, la nostalgia, l’astinenza, la disperazione, il desiderio, il capriccio, la tenacia, la resa… si giocano a piedi nudi  lungo il perimetro del filo spinato.

Eserciti e decreti tracciano confini di stato su comuni limitrofi e non posso raggiungerti se sei ad un quarto d’ora a piedi perché rischio il penale. E non posso toccarti se fra noi c’è uno schermo e con chi sei tu e perché non sei qui. E stai lì che sei infetto e vieni qui nella notte se mi ami davvero…

Sono cresciuti dalla domenica al lunedì come altissimi muri di Berlino  e siamo rimasti Romeo e Giulietta, Leopardi e Silvia, Abramo e la Terra Promessa. E ci sono un balcone, una siepe, un mar rosso ma non ci sei tu.

La dipendenza, l’ossessione, la gelosia, la paura della solitudine, il timore d’amare… sono virus preesistenti la pandemia e trovano terreno fertile nello spazio proiettivo del vuoto. Si contano millimetri oppure chilometri alla misura diversa delle paure d’ognuno.

Rilke afferma ‘le relazioni d’amore possono verificarsi solo in casi di grande abbondanza spirituale, solo tra coloro che hanno ognuno nella propria individualità ricchezza, ordine e raccoglimento interiori, solo due mondi ampi, profondi e originali possono unirsi (…) . Nessuna felicità è più grande di quella che proviene dal lavoro, e l’amore, che è la più estrema delle felicità, non può essere altro che lavoro. Chi ama quindi deve cercare di comportarsi come se si apprestasse ad una grande impresa: deve passare molto tempo da solo ed addentrarsi nel proprio intimo, contenersi, trattenersi, deve lavorare, deve divenire qualcosa’.

E’ tempo di stare fondati, di fare memoria, di tenere all’oro. E’ tempo di rinforzare il sistema immunitario del nostro cuore. E’ qui che questo isolamento forzato si fa banco di lavoro. Riaccarezzare i ricordi, innaffiare il giardino nel quale sarò pronto a ri-accoglierti nelle tue preziosissime differenze… e quando ti abbraccerò di nuovo, quando avremo depositato l’amuchina, quando abbasseremo le mascherine per ritrovare ancora le labbra ‘di prima’ sarà un bacio nuovo, dentro al bacio trafugato, per tutta una quarantena.

 

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