Riparo
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Raggiungo l’albero bianco
in cima alla collina.
Lo abbraccio da che ero ragazzina.
Migliaia di corse
roboanti di emozioni stagionali
convogliate in naso contro corteccia.
L’impeto di una notte di vento anni fa
lo ha coricato,
rivelando la verità di un corpo morto
appeso finemente al cielo.
Ora lo cingo da sdraiato:
ci uniamo a panino
mentre il suo legno invecchiando si assottiglia
e ospita docilmente piccoli animali,
me compresa.
Lo adorno di poesie scritte a pennello indelebile,
avvolte in buste trasparenti,
legate a lui con spago colorato:
proteggo le parole dai temporali.
All’ultima reunion trovo un buco nella protezione,
sospetto che viandanti maldestri si siano imbattuti nelle sue poesie.
Un attimo mi indispettisco all’idea del tempo che richiederà il ritorno, la riparazione,
una nuova corsa di km sbilanciata di attrezzi penzolanti dalle mani…
a dispetto di quell’istante di incuria che fu sufficiente a infierire lo sfregio.
Mi domando quanti esseri umani nel secondo attuale
stiano contemplando la fulminea rovina
di un progetto campale:
inspiro la comunanza, mi connetto all’impotenza.
Di tutti.
Mi soffermo sul termine riparare
riparare ciò che si è rotto.
ricucire brandelli, riunire cocci, reintessere relazioni.
E poi riparare, tenere al riparo dal sole, dalle piogge o dagli urti,
i rapporti da litigi futili, gelosie inutili.
Avere in mente l’oggetto e le sue condizioni ottimali,
ciò di cui necessiti e il modo in cui si sgretoli.
E poi esiste un riparare troppo.
Il fiore muore sotto una teca,
il rapporto implode
se inibito alla normale esposizione con la vita.
Il tessuto si lacera
se accanitamente ricucito
nei suoi brandelli stanchi,
desiderosi di andare alla fine.
Il corpo si svuota e si logora
per via dell’accanimento medico del rattoppo
se necessita di riposare
lasciare l’anima e morire.
Avvolgo in una nuova busta,
lo scritto che orna il mio albero caduto.
L’inchiostro ha tenuto le piogge,
la poesia è leggibile.
Il tronco abita la sua morte
e io sudo un istante
mia fronte-sua corteccia.
Ci mettiamo al riparo,
quando possiamo,
ripariamo,
quando sappiamo.
E per il resto,
lui si lascia cadere,
io lascio accadere.
Carlo
intenso e toccante;
che lavorìo, dentro e sul tuo tronco, dentro di te.
Anche a me piace piuttosto riparare che buttare, anche i tronchi, anche le pietre.
Anche le persone.