Bivacchi
4 MINUTI DI LETTURACitazioni libere e scelte fra libri spontaneamente incontrati
Vi sono montagne esterne e montagne interiori e la loro stessa presenza ci attira, ci sfida a scalarle. Forse l’autentico insegnamento di una montagna è che la si porta tutta dentro di sé, sia quella esterna, sia quella interiore. A volte la si ricerca ripetutamente senza trovarla, finché arriva il momento in ci si è effettivamente motivati e preparati a trovare la via che dalla base porta alla cima. La scalata è una possente metafora della ricerca nella vita, del percorso spirituale, del cammino di crescita, trasformazione e comprensione. In definitiva, la vita stessa è la montagna, la maestra che ci offre occasioni perfette finalizzato alla crescita di forza e saggezza. In effetti, l’avventura è la scalata, non stare in vetta. Senza dimenticare di rifornire il bivacco che si lascia per coloro che verranno in seguito e di scendere la montagna in modo da trasmettere agli altri scalatori le conoscenze acquisite perché possano approfittare di quanto si è appreso durante l’ascensione.
Alzarsi presto al mattino può avere l’effetto di infondere grande forza nella vita di una persona, indipendentemente dalla pratica della consapevolezza. Solo assistere al sorgere del sole ogni giorno, è di per sé un segnale di risveglio.
La corsa affannosa della giornata non è ancora iniziata. Lascio il letto e dedico un’ora al mio essere, senza far nulla. Dopo 28 anni questa abitudine non ha ancora perso il suo fascino. Talvolta ho difficoltà a svegliarmi e la mente o il corpo fanno resistenza, ma è fondamentale meditare comunque, anche se non me la sento. Una fra le principali virtù della disciplina quotidiana è l’acquisizione di una certa permeabilità ai richiami di stati d’animo transitori. L’impegno ad alzarsi presto per meditare diventa indipendente dal volerlo assolvere un determinato mattino. La pratica ci richiama ad uno standard di vita più elevato, ricordare l’importanza dell’ essere vigili e la facilità con la quale si può scivolare dentro uno schema di vita automatica, priva di attenzione e sensibilità. Il solo alzarsi presto per praticare l’inattività è un processo temprante. La disciplina apporta costanza indipendentemente dal risultato del giorno precedente e di quello che si sta per intraprendere. Io mi applico in modo particolare a ricavarmi uno spazio per la pratica formale, anche per pochi minuti, nei giorni che si prospettano densi di avvenimenti, felici o sgradevoli, quando ci sarà molto da fare e i sentimenti si esprimeranno con la massima intensità. In questo modo è meno probabile che mi sfugga il significato intimo di questi momenti e potrei anzi superarli con maggior agio.
“L’arte più degna è influire sulla qualità del giorno” Thoreau, “Walden”
Si deve essere disposti a lasciare che sia la vita a divenire maestra. La sfida della consapevolezza è lavorare precisamente con le circostanze in cui ci si trova – per quanto spiacevoli, scoraggianti, restrittive, interminabili e senza uscita possano sembrare- e assicurarsi di aver fatto tutto ciò che era in nostro potere per utilizzare le energie e trasformarsi, prima di decidere di limitare le perdite e passare ad altro. “Lo scopo della meditazione non è l’illuminazione; sta piuttosto nel dare attenzione anche ai momenti non straordinari, nell’appartenere al presente, a nulla se non il presente, nel portarsi questa coscienza dell’adesso in ciascun evento della quotidianità” Paul Matthiessen ‘Il leopardo delle nevi’. Ciascun bambino – o cane – che arrivi nella nostra vita, può essere considerato un piccolo Budda o maestro Zen, un insegnante personale di consapevolezza, paracadutato nella mia vita, la cui presenza e le cui azioni avrebbero certamente toccato ogni corda e messo alla prova ogni mia convinzione e limitazione, offrendo continue occasioni per verificare se fossi attaccato a qualcosa e disposto a distogliermene.
Indagine non significa trovare risposte, specialmente rapide, frutto di un pensiero superficiale. Vuol dire chiedere senza attendersi risposta, riflettere sulla domanda, portare l’interrogativo dentro di sé, lasciarlo filtrare, ribollire, cuocere, maturare, entrare e uscire dalla coscienza, come tutte le altre cose. Per indagare non è necessario stare immobili. L’indagine e la consapevolezza possono avere luogo simultaneamente. Sono infatti la stessa cosa, provenienti da direzioni diverse. L’indagine non consiste tanto nel pensare le risposte, anche se domandare produrrà molti pensieri che sembreranno risposte, quanto invece nel prestare attenzione alle immagini evocate dal nostro interrogatorio, come se fossimo seduti sulla sponda del fiume dei nostri pensieri, ascoltando l’acqua che scorre sopra e attorno alle rocce, ascoltando, ascoltando e osservando una foglia e un ramo trasportati dalla corrente.
Non tentiamo con tanto accanimento di essere ‘qualcuno’ proviamo invece direttamente ad essere. Partiamo da dove ci troviamo per lavorare qui. Meditazione non significa spersonalizzarsi, bensì vedere le cose come sono, non distorte dai nostri processi mentali. Se smetteremo di cercare di apparire migliori di quanto siamo, per timore di essere inferiori al nostro autentico valore, la nostra personalità reale sarà più autentica e felice, oltre che più sopportabile per gli altri.
Forse la cosa più ‘spirituale’ che ciascuno di noi può fare è semplicemente guardare con i propri occhi, vedere con occhi di completezza, e agire con integrità e tenerezza.
Tratto da “Dovunque tu vada ci sei già” Jon Kabat Zinn
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