Tempratura

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Citazioni libere e scelte fra libri spontaneamente incontrati

La meditazione aiuta a risvegliarsi da un sonno di automatismo e inconsapevolezza ponendoci nelle condizioni di vivere la nostra vita godendo pienamente di tutte le nostre potenzialità consce e inconsce.  Si fonda sull’autoindagine, la messa in discussione della nostra visione del mondo, della posizione che vi occupiamo e l’apprezzamento della pienezza di ciascun momento della nostra esistenza, il mantenimento del contatto con la realtà. Consapevolezza significa prestare attenzione in modo peculiare: di proposito, nel momento presente e senza presunzione. Essa fornisce un modo semplice ma vigoroso per sbloccarsi e recuperare saggezza e vitalità, per riappropriarsi del significato e della qualità della propria vita, compresi i rapporti con la famiglia, l’ambiente di lavoro, il mondo e l’intero pianeta in generale, ma, soprattutto del rapporto con se stessi come persone.

L’abitudine d’ignorare la realtà attuale provilegiando i momenti futuri conduce direttamente a una totale mancanza di attenzione per la quotidianità in cui siamo coinvolti. A questo si aggiunge una mancanza di lucidità e comprensione di come la nostra mente condiziona le nostre percezioni e azioni Essa limita drasticamente la nostra concezione della persona come tale, dei rapporti reciproci e del mondo che ci circonda.

Quando ci impegnamo a prestare attenzione senza riserve, senza facrci codizionare da preferenze o antipatie, opinioni e pregiudizi, proiezioni e aspettative, si aprono nuove possibilità e ci viene offerta l’occasione  di liberarci dalla camicia di forza dell’inconsapevolezza. Il principio fondamentale è essere se stessi, trovarsi in armonia con la propria natutra più profonda e lasciare fluire liberamente al’esterno. Vuol dire svegliarsi e vedere le cose come sono, riconoscere la propria vera natura. Non vi è nulla di freddo, analitico o insensibile in questo. La pratica della consapevolezza si esprime con dolcezza, comprensione e attenzione. In altri termini, amorevolezza.

Il flusso incessante di pensieri che emanano dalla nostra mente ci lascia scarsissimi momenti di sollievo interiore. veniamo travolti dalla corrente che finisce col sommergere la nostra vita portandoci dove forse non intendiamo andare, senza neppure essere coscienti della direzione. Meditazione significa imparare a svincolarsi dalla corrente, sedere sulla sponda ascoltarla, trarne insegnamento e poi sfruttarne le energie per farci guidare anziché dominare.  La pratica di meditazione è lo sforzo di coltivare la nostra capacità di vivere il presente.

“Se la tua mente non è annebbiata da pensieri inutili, questa è la miglior stagione della tua vita” Wu-Men

L’unico modo per realizzare qualcosa di valido è fare in modo che provenga dal non-agire, senza preoccuparsi se sarà utile o meno. Altrimeti l’autocoinvolgimento e l’avidità possono insinuarsi e distorcere il rapporto col lavoro. Il non-agire può essere attuato all’interno dell’azione o dell’immobilità. La quiete interiore di chi opera si fonde con l’attività esterna al punto che l’azione crea se stessa. Nessuna applicazione dlla volontà, nessun ‘Io’ che rivendichi un risultato, il non-agire è la pietra angolare della maestria in qualsiasi campo dell’attività. In certe situazioni, sono utili anni di pratica e di esperienza che fanno emergere un’imprevista capacità di lasciare che l’esecuzione si svolga al di là della tecnica, dell’esercizio, del pensiero.

Alcuni atteggiamenti costutuiscono terreno fertile.

La pazienza è quasi inevitabile per coltivare anche la consapevolezza e renderà la pratica più ricca e matura. Essa è un’alternativa all’endemica irrequietezza e insofferenza della mente. Scalfite la superficie dell’impazienza e al di sotto, ad una profondità variabile, troverete la rabbia. Questo non significa che non bisogna affrettarsi quando è il caso. E’ persino possibile affrettarsi con pazienza e consapevolezza, nuovendosi velocemente per propria scelta. La pace e la determinazione a portar pazienza possono svilupparsi solo coltivando la compassione non limitata agli amici ma sentita egualmete per coloro che per ignoranza spesso interpretata come malvagità, possono causare sofferenza a voi e ai vostri cari. Non si tratta di una manifestazione spontanea; occorre praticarla e coltivarla. I sentimenti di collera emergono ugualmente, ma l’ira può essere usata, strumentalizzata, controllata in modo che le sue energie alimentino pazienza, compassione, armonia e saggezza in noi e forse anche negli altri.

Cercare di evitare ogni forzatura, ma ascoltare attentamente cosa dice la corrente del fiume. Cosa consiglia di fare? Se suggerisce di non agire, limitarsi a respirare, lasciare le cose come stanno, lasciare correre con pazienza, continuare ad ascoltare. Se il fiume dice qualcosa, intervenire, ma consapevolmente. Poi fare una pausa, attendere con pazienza, e ascoltare ancora.

Lasciar correre significa preferire la trasparenza alle forti pulsioni delle nostre simpatie e antipatie personali e all’inconsapevolezza con cui vi restiamo affezionati. Essere trasparenti comporta lasciare interagire paure e insicurezze nell’ambito della piena consapevolezza. Ammettere l’esistenza di uno schermo inconscio fra noi e i nostri interlocutori che filtra, colora, piega e distorce la visione.

Astenersi dal giudicare

Coltivare un atteggiamento fiducioso

Generosità: dispensare la pienezza del proprio essere, del meglio che si ha in sé, l’entusiasmo, la vitalità, lo spirito, la fiducia, la disponibilità e soprattutto la presenza. Dare più di quanto si creda di poter dare fiduciosi di essere più ricchi di quanto si pensi. Celebrare questa ricchezza, dare come se fosse inesauribile. Questo è dare regalmente.

Praticare la semplicità volontaria: fare una sola cosa alla volta e assicurarmi di essere partecipe, recarsi in meno anzichè in più luoghi in un giorno, vedere meno, per vedere meglio, acquisire meno, per avere di più. Rallentare i ritmi, non reagire all’impulso di chiamare proprio in quel momento, scegliere di non acquistare cose nuove senza riflettere, rimanere a casa senza far nulla o a leggere un libro, uscire a passeggiare da soli, andare a dormire presto… esercitarsi a dire no per mantenerela semplicità della propria vita. Impegnarsi alla semplicità in questa vita frenetica richiede un delicato equilibrio, correzioni, indagine costante, attenzione. Scegliere la semplicità, quando è possibile apporta alla vita un elemento di grande libertà e molte occasioni per scoprire che in realtà il meno può corrispondere al più.

La concentrazione ovvero astenersi deliberatamente dall’indagare quali direzioni abbia preso la mente nelle sue divagazioni sui motivi delle fluttuazioni dalla respirazione. Questo sviluppa una calma caratterizzata da una notevole stabilità; imperturbabile, profonda, indipendente dalle sollecitazioni esterne. Tuttavia per quanto intensa e soddidfacente, la pratica della concentrazione è incompleta se non è integrata e approfondita dalla consapevolezza.

La visione: La pratica stessa dovrà divenire l’esternazione quotidiana della vostra visione e comprendere gli aspetti per voi più validi. Questo non significa tentare di cambiare o essere diversi da ciò che si è. Si tratta piuttosto di aver ben presente quello che per voi è più importante, evitando che vada perduto o sia travisato in un momento particolarmente difficile o in un tumulto di emozioni.

Un lavoro interiore di questo genere, inteso a prendere coscienza della propria psiche è di per sé un’iniziazione, un processo di tempratura che di solito implica un forte fervore, per perseverare. Ma il risultato sarà padronanza, perdita dell’ingenuità,raggiungimento di un ordine interiore che non si può ottenere senza disciplina, il fervore, la discesa nella parte più oscura di noi stessi e la paura. Perfino le sconfitte spirituali che subiremo serviranno a temprarci. Gli junghiani lo definiscono lavoro dell’anima, lo sviluppo della profondità di carattere grazie alla conoscenza dei tortuosi labirinti della nostra mente. Il vostro respiro è come il filo che vi guiderà lungo il labirinto.

Tratto da “Dovunque tu vada ci sei già” di Jon Kabat-Zinn

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