Il terapeuta e lo schermo come mascherina

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Nei post che seguiranno accosterò frasi scelte dalle Lettere che Etty Hillesum scrisse nel campo di concentramento di Westerbork a risonanze  incontrate in tempo di pandemia. Affondo la mia traccia nella speranza di fare anima, toccare solitudini, valicare distanze. Desidero custodire l’esperienza umana solcata a piccoli passi lungo il filo spinato di questo tempo

“Qui non sono affatto all’altezza della situazione, non riesco a ‘far fronte’ a tutte le persone che vogliono coinvolgermi nei fatti loro, spesso sono troppo, troppo stanca. Eppure la vita è meravigliosamente buona nella sua inesplicabile profondità. Se solo facciamo in modo che Dio sia al sicuro nelle nostre mani…

In futuro, quando non abiterò più su una branda di ferro in una terra circondata dal filo spinato, voglio avere una lampadina sopra al mio letto, così di notte  intorno a me ci sarà luce ogni volta che lo vorrò. Spesso nel mio dormiveglia, turbinano pensieri e piccoli racconti, impalpabili e trasparenti come bolle di sapone, vorrei poterli catturare su un foglio di carta bianca. Quando mi sveglio la mattina sono ancora imbozzolata in quelle storie -è un ricco risveglio sai?- Ma poi comincia a volte una piccola Passione, pensieri e immagini si agitano intorno a me, sono così tanti e vogliono essere trascritti, ma non c’è nessun posto in cui si possa stare seduti tranquilli, certi giorni passo ore a cercare un luogo sicuro. Una volta, nel cuore della notte, una gatta randagia è entrata nella nostra baracca, le abbiamo messo una cappelliera sul gabinetto. Certe vote mi sento proprio come un gatto randagio senza cappelliera.

Da qualche parte ho trovato scritto su Paula Modersohn-Becker: “Aveva nel sangue quella totale mancanza di pretese nei confronti della vita che è solo apparente, ed è la vera, matura espressione di pretese altissime: il disprezzo di ogni esteriorità, che nasce dal sentimento inconscio della propria pienezza e di una segreta, non del tutto spiegabile, felicità interiore”.

Etty Hillesum “Lettere 1941-1943” Edizione Integrale Adelphi 2013 pag.  124 e 153

Il mio essere terapeuta al tempo della Pandemia, si gioca in molte ore consecutive dietro uno schermo che fa il volto grigio e succhia la linfa vitale. Incontro lacrime che non posso abbracciare, povertà d’animo che mi fanno male al cuore… le mie pupille chiedono ai miei occhi, che chiedono alla mia mente, che chiede alla mia anima di metterci qualcosa in più. Inizia un gioco di sforzi nel mentre inconsapevoli fino al bilancio serale che mi scaraventa sul letto svuotata ed esanime. I pixel non restituiscono l’energia umana che ti raggiunge dall’altra poltrona quando sei in studio. Filtrati dalla mascherina di Skype ci si sente, ci si scruta, ci si trova ed è commovente, davvero, ma il ritorno di calore è un eco lontanissimo. Il grido dei pazienti in questo tempo lamenta una baracca nella quale abito anche io e la mia ricerca è di quello spazio silente alle prime luci dell’alba, nella quiete esausta della sera per abbeverarmi ad una fonte profondissima che corre sotto le lamentele, le piccole grandi paure, le più o meno intollerabili limitazioni o scomodità. E allora ‘tenere Dio al sicuro nelle proprie mani’, non lasciarsi incattivire , non lasciarsi esasperare. Nessuno mi sta inseguendo. Ho solo scelto di esserci e non abbandonare il campo, ridurre al minimo le pretese, continuare a godere di quei sorrisi sotto la telecamera, di quella tenerezza che si dischiude nel riconoscere da lontano una voce, custodire l’attesa e il desiderio di abbracciare. Sta a me dedicare passi frequenti nel mio giardino interiore per trovare una foglia, un filo d’erba, un fiore, per avere sempre nelle tasche qualcosa da offrire.

Ho deciso: intaglierò una botola. Mi calerò al bisogno in uno scantinato di silenzio in cui nutrirmi di Rilke, di Etty, di Candiani, di Rumi, della penna mordicchiata che annota appunti su quel quaderno sgualcito che vorrò con me se mi deporteranno in ospedale. Inventerò una tettoia all’ombra dove stare immobili ad ascoltare i piccoli fruscii, gli animaletti, il vento. Respirare a pieni polmoni l’aria di questo tempo che  i polmoni li uccide ma ravviva le anime che si sanno fermare.

Paula Modersohn-Becker

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